La Direttiva AdBPo n.8/2006 per gli interventi di rinaturazione (c.d. Direttiva Rinaturazione) è stata adottata in attuazione dell’art.36 del PAI (Piano di Assetto Idrogeologico) con il fine di indirizzare gli interventi di recupero degli ambiti fluviali e del sistema delle acque in un’ottica di: mantenimento ed ampliamento delle aree di esondazione, riattivazione o ricostituzione di ambienti umidi, ripristino e ampliamento delle aree a vegetazione spontanea autoctona. Ai sensi di suddetta Direttiva, tutti gli interventi di rinaturazione ricadenti nelle Fasce fluviali A (fascia di deflusso della piena) e B (fascia di esondazione) del Po e dei suoi principali affluenti devono presentare i requisiti previsti dall’Allegato I alla Direttiva e sono soggetti ad apposita autorizzazione secondo le normative vigenti, previo parere vincolante di compatibilità di AdBPo.
Gli interventi di rinaturazione nel bacino padano, per essere considerati tali, devono soddisfare i suddetti requisiti ed essere ricondotti ad almeno una delle seguenti tipologie:
- riattivazione, riapertura e riqualificazione di lanche e rami abbandonati;
- riduzione/rimozione dell’artificialità delle sponde;
- ripristino ed estensione aree di esondazione, attraverso modifiche di uso del suolo;
- recupero naturale della sinuosità e della lunghezza dell’alveo di magra dei corsi d’acqua;
- riduzione dell’artificialità dell’alveo;
- riforestazione diffusa naturalistica;
- consolidamento e ampliamento nodi/core areas della rete ecologica;
- interventi di conservazione su specie o habitat prioritari;
- interventi di controllo delle specie vegetazionali alloctone invasive;
- costituzione e/o ripristino di aree di collegamento ecologico-funzionale;
- creazione di habitat di interesse naturalistico;
- impianti di vegetazione arborea e arbustiva per ricostituire la continuità della fascia vegetale ripariale;
- interventi di miglioramento forestale su formazioni boscate ripariali, retroripariali o planiziali esistenti;
- recupero di cave abbandonate e degradate;
- realizzazione di rampe di risalita o altre strutture per la mobilità della fauna acquatica;
- interventi di miglioramento degli agroecosistemi (siepi, tecniche di coltivazione, tipologie colturali compatibili);
- rinaturalizzazione di aree degradate;
- costituzione di formazioni arboree arbustive di tipo planiziale (retroripariali);
- arboricoltura plurispecifica da legno a ciclo medio lungo con specie autoctone in sostituzione di coltivazioni o usi a maggior impatto;
- fasce tampone;
- ripristino o neoformazione di zone umide e/o di ecosistemi filtro;
- recupero ambientale per fini didattici e di fruizione;
- ripristino o costituzione di formazioni vegetazionali erbacee, arbustive, arboree tipiche della regione fluviale.
Tale approccio ha permesso di qualificare gli interventi che fino ad allora erano programmati e realizzati principalmente ad un livello locale e di contestualizzarli in un’ottica unitaria di asta fluviale.
L’applicazione della Direttiva ha portato, nel corso degli anni, alla presentazione da parte degli attori territoriali (pubblici o privati) di progetti condivisi di riqualificazione di aree perifluviali, in un’ottica di recupero della funzionalità dei sistemi naturali e ripristino degli habitat fluviali, finalizzata al recupero della naturalità e alla riconnessione laterale con la piana inondabile. La direttiva costituisce un primo esempio di applicazione sinergica degli obiettivi definiti dalle Direttive Quadro Acque, Alluvioni e Habitat, focalizzandosi su un approccio ecosistemico. Sulla base delle esperienze di applicazione della direttiva svolte in questi anni, gli elementi che meritano attenzione e approfondimento sono: migliorare il quadro conoscitivo delle aree demaniali, con la ricognizione della loro ubicazione, degli usi, delle concessioni, predisponendo un modello organico per la loro gestione, coinvolgendo direttamente gli Enti gestori di aree protette che operano sui fiumi e prevedendo adeguati incentivi economici per la gestione e manutenzione delle aree ripristinate.